Il lavoro è come il sangue e il fiato.

Ogni volta che rifletto sul lavoro devo sforzarmi di tenere presente cosa è in origine: nutrirmi, difendermi, e soddisfarmi.
Ho necessità di procurarmi cibo; ho necessità di difendermi dalle intemperie, dalle belve e dagli altri; ho necessità di soddisfare i miei desideri, che non finiscono mai. 
È sempre stato così, fino a quando eravamo pochi e semplici: cacciavamo e raccoglievamo. 
Poi abbiamo imparato ad allevare e coltivare: siamo diventati tanti, organizzati, tecnici. 
Con lo sviluppo del commercio, dell’industria e dei servizi, attraverso gradi sempre più articolati di specializzazione, tutto è cambiato.
Oggi la maggioranza dei lavori sono azioni astratte che garantiscono l’erogazione di una quantità di denaro che è il correlato astratto del nutrimento, della difesa e dell’agio; nel senso che posso istantaneamente convertirlo in ciò di cui necessito o desidero. 
Quando entro al lavoro è forte la sensazione di mettere mano ad una macchina sputa soldi. 
Voglio dileguare questo sentimento, voglio ricuperare la postura e l’umore di quando ero un agricoltore.
Di quando lavorare era una necessità, non un diritto dovere.